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non entro in particolari; d’altra parte non accadde nulla di grave. Il vecchio banchiere, il signor Angelo, che era un uomo svelto, molto galante, e pratico di questi affari, rideva delle illusioni che la sua povera moglie si faceva ancora sulla innocenza del suo figliuolo, e teneva d’occhio il ragazzo. Quando s’avvide che lo scherzo diventava pericoloso, lo condusse con sè a Parigi, dove lui andava tutti gli anni per i suoi affari, e lo lasciò là presso a un banchiere suo amico perchè fosse iniziato agli affari e imparasse il vivere del mondo. Quanto piangere si fece allora, la mia povera padrona e me!... Ella non poteva darsi pace che il suo figliuolo, così giovine e inesperto, fosse sbalestrato in una capitale come quella là; io ero disperata, perchè non lo vedevo più e capivo bene che era irreparabilmente perduto per me. E così fu. Quando ritornò era un bel giovane serio e imponente, quasi tale e quale come lo vede adesso. Forse non si ricordava nemmeno di avere pensato alla cameriera, e ne rideva nel suo pensiero, come di una ragazzata. La mia signora morì alcuni mesi dopo, ricordandosi di me nel testamento e raccomandandomi con speciale affetto al marito e al figliuolo. Così io sono rimasto con loro.

— Adesso ne sono pentita, — disse sospirando, dopo un momento d’interruzione. — Avrei fatto meglio a maritarmi con un mio pari quand’ero ancora in tempo.

La Sabina s’arrestò a questo punto assorbendosi nell’inutile ricostruzione del passato, tanto comune alle vecchie zitelle.

Poi, vedendo che Gilda rimaneva anche lei as-