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nell’ingranaggio 175

gazza ebbe l’impressione di stringere la mano di un ammalato, tanto le parve brucente ed arida.

Partito il padrone di casa, la cui faccia scura imponeva agli ospiti, il pranzo terminò un poco più allegramente.

I bambini vi contribuirono facendo il chiasso. Ma la famiglia Minelli non stette molto a ritirarsi; in verità non vedevano l’ora di essere fuori. Passando il suo braccio sotto al braccio del marito, la donnina si strinse tutta a lui con una gioja intima, anche più viva del solito. Egli la comprese e la guardò amorosamente. Oh! come fu dolce il loro ritorno nel piccolo nido!

Edvige intanto, non aspettando altre visite, si chiudeva nella sua camera verso le nove, dopo di avere dato un bacio a Lea e licenziata la cameriera.

Questa andò con Gilda a mettere a letto la bimba.

Quando fu coricata, la bimba volle che la sua istitutrice sedesse un momento vicino al suo letto, mentre la Sabina spazzolava i vestiti e portava fuori gli stivalini.

— Senti — disse la bimba buttandole le sue braccine intorno al collo o abbassando la voce — dimmi, tu che sei grande e sai tutte le cose: i babbi piangono anche loro come noi bimbi e come qualche volta le mamme?

Avendo compreso il senso della domanda, Gilda ebbe un fremito nelle ossa; tuttavia rispose con naturalezza:

— I babbi non piangono mai come i bimbi, almeno io non ho mai visto. —

Lea rimase un momento perplessa.