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de’ salotti affollati, dove i padroni di casa non possono assolutamente occuparsi di tutti in una volta.

Una signora raccontava ad alta voce, che se il signor Pianosi non fosse stato così avveduto ed onesto, il marito suo avrebbe perduto tali somme che forse, anzi certo, sarebbe stato costretto a fallire.

Il marito affermava con la testa. Altri, che avevano inteso, esclamavano:

— Ed io?

— Anch’io, com’è vero che esisto!

— E noi, dunque? —

E un’altra signora raccontava le inquietudini di suo marito, il quale sull’esempio del banchiere Pianosi, aveva affidato delle somme, importanti allo stabilimento di ferramenta e macchine.

— Chi sa — esclamava il grosso Piroli, un negoziante — chi sa che cosa sarebbe di noi in questo momento se quelli fallivano!

— Chi sa! Quel crach se ne sarebbe tirati dietro una quindicina! — sentenziava Guglielmo Ferretti, un capitalista, uomo alto e atticciato, che aveva fatto i danari sgobbando come un cane, e sul cui dosso gli abiti fini da società scricchiolavano e parevano in pericolo di scoppiare ad ogni movimento dei suoi muscoli. Ed egli si metteva a discorrere fitto fitto, con la sua voce grassa e infiochita, di cambiali, di sconti, di protesti e di altre simili diavolerie, in un circolo di negozianti di second’ordine, che lo ascoltavano con rispetto.

— Da tre mesi io teneva pronto il revolver! si sentì dire una voce fioca di vecchio, in uno di quei momenti di mezzo silenzio, che avvengono tal-