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nunciarono il suo nome, forte, con esclamazioni di gioja.

Lo circondarono, lo acclamarono.

Si trovò stretto in un circolo rumoroso, composto di amici intimi, di colleghi, di ignoti.

Confuso, sbalordito, immemore, per un momento, egli si lasciò trascinare come un automa, stringendo all’impazzata tutte le mani che incontrava, senza intendere, senza vedere.

A poco a poco il suo animo si calmò: riacquistò la padronanza di sè: potè discernere i volti, intendere le parole.

— Finalmente! — esclamava il barone Comelli: — caro Banchiere, sono proprio felice!...

— Anche noi, felicissimi davvero!... — esclamavano dieci altri in una volta. — Ce ne rallegriamo tanto! ma tanto! —

— Ce ne rallegriamo e ammiriamo — disse Angelo Bandinella un omino la cui testa non superava il livello delle schiene comuni, spingendosi innanzi a fatica, per arrivare a farsi vedere: — è stato un colpo da maestro. Caro, caro il mio Giovanni! Tutti i tuoi amici sono contenti della tua fortuna, perchè sei buono tu, perchè lo meriti.

E questo Bandinelli, col suo corpicciattolo nervoso e sottile, si dimenava come un diavoletto nell’esaltamento del suo buon cuore.

Giovanni, ora perfettamente calmo e padrone di sè, gli strinse la mano con particolare cordialità e s’intrattenne con lui un momento.

Gli altri intanto, s’inquietavano: o che non voleva più lasciar parlare nessuno quel moscerino?

Giovanni vide ancora una ventina di mani tese Verso di lui sulla soglia del secondo salotto, e fece