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nell’ingranaggio 125

poi, non ricevendo alcun ordine, tirò diritto verso porta Venezia.

Edvige si scosse; aveva bisogno di parlare — di parlare di sè, di rimettersi in buona luce davanti a Gilda, di rialzare il suo amor proprio depresso.

Più ancora, dacchè il destino l’aveva fatta incontrare in quella ragazza in un momento così decisivo, voleva sfruttare il caso, e trarne il maggior vantaggio.

Questo era per lei un principio di condotta, come chi dicesse una tattica di guerra, in tutte le circostanze imprevedute della vita.

Questa tattica e il suo ingegno, innegabile, il colpo d’occhio sicuro, la rapidità con cui poteva concepire un piano e la tenacità e l’astuzia che metteva nell’eseguirlo, formavano appunto il segreto della sua fortuna, in mezzo alle peripezie di una esistenza così avventurosa.

Ora ella era risoluta a tutto piuttosto che a decadere. Il solo pensiero di questo pericolo la faceva rabbrividire, e la paura che ne provava prendeva una forma acuta. Poichè dinanzi a sè ella vedeva lo scandalo di una cacciata obbrobriosa, e la sua vita data in pasto alla maldicenza feroce delle cento nemiche; vedeva la miseria e l’abbandono in cui sarebbe andata a finire, poi il disprezzo e l’oblìo, più doloroso ancora e più lugubre dello scandalo, più insopportabile della maldicenza.

Bastava che a Giovanni Pianosi saltasse in testa di eliminarla dalla sua vita, di riacquistare la propria indipendenza, di vendicarsi del tradimento di cui lei si era resa colpevole, perchè questo