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— Non è meglio che io la lasci?... domandò questa esitando.

Ma Edvige insistè; disse che le faceva una vera carità se non la lasciava sola in quel momento.

Sedettero una accanto all’altra.

Il brumista ebbe ordine di avviarsi verso i bastioni.

— Ho bisogno di rimettermi, — disse la signora Pianosi alla sua compagna — non voglio che mi vedano con questa faccia, con le tracce di queste lagrime.

Si asciugò gli occhi, ma invano. La reazione allo sforzo violento che aveva fatto per rimaner calma durante tutto il dialogo con Paolo Anselmi ora la schiacciava. Erano singhiozzi, sussulti lagrime dirotte.

Atterrita dallo spettacolo di una crisi così violenta, Gilda rimaneva immobile e silenziosa, mal sapendo se quello che provava era pietà o disgusto.

Passarono alcuni istanti, e finalmente i singhiozzi divennero più radi, poi cessarono. Continuò ancora un pezzo a piangere, ma quasi in silenzio, con una sorta di dolcezza.

A un certo punto cercò la mano di Gilda, e la strinse.

Erano sul bastione che da Porta Romana mena a Porta Vittoria, uno dei bastioni più ricchi di verdura e più malinconici. L’aria fresca della campagna entrava dolcemente per gli sportelli aperti. Il sole discendeva dietro a una distesa di nubi color porpora.

Giungevano a porta Vittoria, e ancora non avevano parlato. Il vetturino rallentò un momento,