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nell’ingranaggio 117

me della signora Pianosi — rispose, con la massima indifferenza — io non la vedo più affatto. Ma lei, dunque, non va nemmeno a trovarla? Si sono dunque lasciate male?

La fanciulla si morse le labbra. Aveva creduto d’imbarazzarlo e invece era lui che la imbarazzava. Ma a quella scuola si faceva anche lei. Replicò con arroganza; che lui sbagliava di grosso, ch’erano rimaste invece amicissime, e che anzi contava di andarla a trovare uno di que’ giorni. Non era andata ancora perchè non si moveva mai di casa, tanto era il da fare che aveva.

L’Avvocato lasciò passare la sfuriata, ed ebbe il buon gusto di non rilevare l’eccessivo calore con cui si difendeva.

Poi, quand’ella si calmò da sè, egli riprese il discorso con un tono dolce e insinuante. Della Signora non poteva dirle nulla, perchè, proprio in parola, non la vedeva più da tempo; ma del Banchiere, sì, se le desiderava, lui poteva darle ampie notizie. Quel povero Giovanni, tutto l’inverno aveva lottato contro il fallimento, lottato accanitamente corpo a corpo lavorando giorno e notte, senza riescire a salvarsi! Era finito; in Borsa aspettavano a giorni il patatrac.

Gilda chiuse un momento gli occhi e s’appoggiò al manico dell’ombrellino. Si sentiva venir meno.

L’avvocatino Anselmi la guardava di sottocchi.

— Le dispiace molto? — domandò avvicinandosele con tenerezza e un po’ d’ironia insieme.

— Moltissimo, Signore! — rispose lei con franchezza e rimettendosi a poco a poco: — sono stata otto mesi in quella famiglia, e mi ci ero affezionata: non le par naturale?