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nell’ingranaggio 115


Desolato di averle fatto paura, egli si mise a discorrere amabilmente, deplorando la sorte avversa che appunto nel momento della massima gioja, quando gli riesciva finalmente di rivederla dopo tanto tempo, versava nel suo calice una goccia di assenzio.

Lei, passata la prima stizza, cercò di fargli buon viso. Non era forse male tenerlo buono: non foss’altro per non averlo alle calcagna a farle la spia.

E poi, forse lui sapeva qualche cosa di Giovanni: in due mesi, dacchè lei si era esiliata dal mondo civile, chi sa quante cose potevano essere accadute! Lui certo avrebbe raccontato: non aveva che a lasciarlo parlare.

Ecco, egli già le diceva che era dispiacente di non andare quasi mai in casa Pianosi — causa le troppe relazioni e gli affari che aveva — soltanto perchè perdeva la fortunata occasione di trovarsi con lei.

— Ma io non ci sto più in casa del Banchiere — disse la fanciulla arrossendo.

— Come! lei ha lasciato quel posto? Ma perchè? Non mi pare possibile. Come mai ha fatto?

Era evidente che tanto stupore non era finto: quella notizia gli giungeva nuova, e Gilda capì benissimo che la Signora aveva trovato prudente di non dirgli nulla nei loro abboccamenti segreti — se pur duravano ancora.

Allora, in brevi parole, gli raccontò quello che diceva a tutti: che suo padre essendo tornato dall’America e la zia essendo vecchia e malaticcia, aveva sentito la necessità di tornare in famiglia.