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102 nell’ingranaggio


— Non dire male di Martinelli, — saltava su a dire Antonietta Restelli, una grassona, dal viso di cuoca, — sai che in convitto era la simpatia di Mauri!

— Ti prego. Restelli, non dire queste sciocchezze!... — sospirava Gilda leggermente seccata. — Raccontate piuttosto che cosa ha fatto questa povera Martinelli.

E le maestrine raccontavano, continuando a chiamarsi per cognome, senza neanche premetter l’articolo, proprio come usavano alla scuola.

Martinelli si era presa di amore per il cugino di Turconi, uno scappataccio, che voleva più bene alla cugina, ma sposava lei per quel poco di dote. Ma Martinelli non stava bene in casa e per questo aveva furia di maritarsi: aveva la mamma gelosa dell’amico, perchè faceva troppi complimenti alla figliuola.

E qui commenti all’infinito, misti a sorrisi maliziosi e cupidi rossori. Rosetta Turconi, la cugina dello sposo, la più bella bionda del terzo corso l’anno avanti che ci fossero passate loro, divenne a sua volta il soggetto della conversazione e fu attaccata furiosamente da cinque o sei lingue taglienti di maestrine disoccupate. Non era poi così bella come la facevano! Aveva il corpo piatto! Era troppo alta! E poi che civetta! I professori le avevano sempre dato i migliori punti, non perchè li meritasse, ma per le occhiatine tenere che teneva pronte per tutti...

A questa accusa, Gilda si ribellava.

— Civetta quanto volete, ma brava, — diceva alle amiche, — e studiosa davvero! Le sue classificazioni se le è sempre meritate. E adesso