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nell’ingranaggio 97

tuarsi definitivamente a nessuna. Da giovane aveva fatto il tipografo, poi il litografo, poi il venditore di litografie. Di sera era corista. Alla lunga quest’ultima occupazione lo aveva distratto dalle altre. Dopo vedovo aveva fatto scrittura con un impresario disperato, che l’aveva condotto in America, e l’aveva piantato là, senza un soldo. In quell’estremo aveva ritrovato la sua energia e s era messo a lavorare. Per un poco la fortuna gli sorrise non come cantante, ma come venditore di bevande alcooliche.

Disgraziatamente egli amava troppo la sua merce, e quando era ubbriaco, il commercio andava come poteva, o meglio come voleva un suo compagno più furbo di lui. Tuttavia, siccome il mestiere era lucroso potè sostenersi per alcuni anni.

Quando fu ridotto al verde, si rammento la patria lontana, la sorella, la figliuola, e, imbarcatosi come facchino a bordo di un bastimento inglese tornò in Europa, e finalmente capitò a Milano.

In casa della sorella si dava delle arie da padrone, contro le quali la povera donna era senza difesa. Lavorava quando gli garbava; e quando aveva guadagnati un po’ di soldi, se li godeva: in casa ne dava, si o no, secondo gli faceva comodo.

La vecchia sopportava, borbottando un poco, con quella invincibile soggezione che le sorelle rimaste nubili e virtuose hanno sempre verso 1 fratelli scapestrati e prepotenti. Ma Gilda stava bene, si faceva onore, guadagnava denari che metteva alla cassa di risparmio; questo pensiero bastava a mantenerla di buon umore e finchè poteva tener