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Il suo stesso amore per Cesare sviluppatosi dopo la notizia della sua morte nasceva forse più dal rimorso che dalla tenerezza, cioè da un sentimento di giustizia dominante, assolato, per il quale la sua coscienza sentiva a volte il bisogno di punir sè medesima.

Era stata amata, e aveva amato: il tradimento non era venuto a amareggiare il suo cuore: le sue illusioni riposavano intatte dentro un sepolcro. Quando pensava ai discorsi di suo zio e alle tanto esistenze senza fede e senza ideale che passano sulla terra, inutili a sè stesse e agli altri, le pareva quasi che il suo destino fosse tra i privilegiati. Ma non aveva che diciasett’anni; sentiva il bisogno di dare uno scopo, una ragione di muoversi all’attività esuberante del suo temperamento; e questo scopo, questa ragione non sapeva dove trovarli.

Naturalmente il tutore non capiva nulla di tutto questo, e il signor Arturo meno di lui.

Il vecchio rideva. Nel suo spirito regnava la ferma convinzione che a diciasett’anni il dolore non potesse durar molto e aspettava pazientemente il felice momento in cui la noia, facendo capolino in mezzo a quella tristezza, avrebbe spinto la ragazza a cer-