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correr l’Italia; vedere i luoghi dove Cesare aveva combattuto, dove era morto; chiedere informazioni; muoversi, operare, o non foss’altro illudersi di far qualche cosa.

Ma con chi viaggiare? Sola non glielo avrebbero permesso: Dio! Una ragazza della sua età viaggiar sola! Ma sarebbe stato di che fare escir dai gangheri le porte del duomo e rivoltarsi le fondamenta della città.

Emilia si sentiva condannata all’inerzia. E questo era il martirio più grande. Un’organizzazione potente e logica come la sua si sarebbe sottomessa con rassegnazione a un’infelicità che le pareva ignominioso di scongiurare, ma a patto di poter spendere la vita in qualche cosa di serio. Non voleva dimenticare: poichè Cesare era morto per amor suo, le pareva giusto di consacrarsi eternamente alla sua memoria. E non credeva che ci fosse alcun eroismo in questo; ma un obbligo irremissibile: si sarebbe disprezzata se si fosse creduta capace d’operare altrimenti: la legge del taglione si trovava come un istinto nella sua anima ardente e fiera.

Non era una di quelle indoli tenere che languono d’amore e gemono e si consumano al foco interna che le accende.