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Ne’ primi anni della sua gioventù però aveva menato altra vita. Laureato in legge e nelle matematiche all’università di Padova fiorente a que’ tempi, egli s’era poi trovato in posizioni eminenti; ma non sò per quali ambizioni deluse o scacchi d’amor proprio si ritirava ancora giovane in Istria dove l’amministrazione delle sue passessioni e altri affari reclamavano la sua presenza.

Aveva trentacinque anni allorchè un giorno il fratello, di poco più giovane, che non s’era mai allontanato dal paese ed era in tutto ligio alla sua volontà, entrò nella sua biblioteca, e dopo molti preamboli ebbe con lui questo dialogo:

— Fratello mio, cominciamo a non essere più ragazzi.

— Pur troppo!

— Ebbene! Dobbiamo rimanere sempre soli così?

— Sei stato tanto tempo solo, e non te ne sei accorto, come mai ci pensi ora che sono venuto a tenerti compagnia?

— Oh! non parlo per me sai! s’affrettava a dire il fratello minore. È l’onore della casa che mi sta a cuore.

— E a me no forse! Capisco a cosa tu vuoi venire. Pensi che sarebbe tempo di provvedere agli eredi?