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mento, lui ne approfittò per basciarle il collo: e la tovaglia andò a ciondolare sul pavimento. Ma lei andava in collera di questi scherzi. Se l’avessero veduto quell’uomo serio, quell’uomo politico, come faceva il ragazzo! E voleva fuggire, ma lui l’arrestava, l’alzava di peso e un diluvio di baci le innondava il collo e le spalle.
Finalmente la tovaglia era distesa e la tavola preparata.
Erano seduti uno accanto all’altro nella prima dolcezza della vita in comune.
La città desolata non esisteva più per loro. Avevano dimenticato il colèra, i morti, la loro posizione anormale e il pericolo che li minacciava; tutto: erano uniti, soli, e divinamente felici.
Bianca impallidì improvvisamente. Un rumore sordo, fatale come il destino, intollerante di quell’obblio come l’invidia della felicità altrui, l’aveva fatta riscuotere. Erano i soliti passi pesanti e rotti e un suono di voci roche e avvinazzate. Una torcia a vento si riflettè un momento sui cristalli della finestra: gli orribili lavoratori si riposarono un momento in mezzo alla strada.