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breve del solito; molte cure d’ufficio richiedevano la sua attivitá: gravi cure, irremissibili.

Finalmente aveva finito: il servo fu mandato a dormire. S’era fatto tardi; egli era solo nella sua stanza da studio, e leggeva. Di tratto in tratto un lugubre mormorio turbava il silenzio della notte, e passi pesanti e rapidi, come di chi, portando grave e disgustoso peso, s’affretti. Carlo alzava il capo a quei rumori sinistri, e stava sopra pensiero. Dolorosi pensieri lo assalivano. Non aveva alcuna nuova di Bianca. Il sacrificio era dunque compiuto? Egli alzò gli occhi al cielo, stringendosi le mani sul petto come se volesse trattenere un sospiro.

Eppure, anche s’era felice, anche se aveva trovato pace, gli pareva che non avrebbe dovuto dimenticarlo. I giornali avrebbero pur dovuto rivelarle il segreto del suo silenzio.

Ma! s’era felice! I felici dimenticano. V’ha al mondo gente piú immemore di chi, dopo aver lottato lungamente colle onde entra finalmente in porte?

Egli s’èra alzato, e camminava a passi lenti. Ripensava all’amore di Bianca, alle sue promesse, ai suoi pianti. Allora pareva rassegnarsi. Povera donna! diceva, purchè sia felice!

Non l’aveva voluto lui? Non avrebbe sacrificata