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La signora posò il lume sulla tavola e guardò anche lei. Bianca era svenuta.


Carlo, solo in Ancona, pensava che la sua vita era chiusa: finita. Era ben contento che lo avessero messo in quella posizione pericolosa.

Avrebbe voluto soltanto che Bianca non lo sapesse.

Però non le scriveva piú.

Pregava che fosse felice. Sperava che la sua immagine sarebbe rimasta come un dolce ricordo in quel cuore, senza turbarne la pace. Era contento che il destino gravasse la sua mano sopra di lui, poichè forse a questo patto avrebbe risparmiata lei.

Che la sua vita non dovesse esser lunga, di questo era certo. Se non lo liberava il flagello asiatico, lo avrebbe liberato un qualche altro benefattore oscuro.

Unico conforto a quegli ultimi giorni era la memoria delle ore felici passate vicino a lei. Andava morendo.

Tutte le volte che incontrava un amico, leggeva su quel volto la pietá e la meraviglia. E quando gli capitava di guardarsi allo specchio, sorrideva stranamente. L’ora desiderata era vicina oramai. Intanto i giorni passavano; giorni orribili.