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rompere il silenzio, e, da alcune stille che bagnavano di quandò in quando il lavoro che teneva in mano, argomentando che soffrisse, le si accostò adagino, abbassò la testa in guisa che la sua bocca sfiorò quasi il suo biondo capo, e chiese sommessamente:

— Ho fatto male a venire?

Essa non rispose; ma lasciò cadere quel simulacro di lavoro oramai incapace di nascondere lo stato dell’animo suo, afferrò la mano ch’ei le porgeva e se la portò al cuore.

Egli si chinò ancora un poco e le loro labbra s’incontrarono. Ma la donna fece uno sforzo e si sciolse dalle braccia che la stringevano.

Vi fu un’altra pausa dopo la quale Carlo riprese a dire cosí:

— Ho combattuto molto, Bianca, dopo letta la tua lettera: capisco che non avrei dovuto venir piú, era il mio dovere; ma non ne ho avuto la forza. E poi temeva che tu mi giudicassi male e che soffrissi.

— Non venir piú? esclamò la giovane, non vederti piú! Ma credi che potrei vivere?

Un sorriso malinconico passò sulle labbra dell’uomo maturo, un sorriso che pareva voler dire: „Pur troppo si vive.“