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peto di collera; eppure non pensava che del naufragio di quella fanciulla diviua un po’ di colpa ce l’aveva anche lui. No, egli scusava se stesso quasi completamente, e non scusava lei. Se lei lo avesse amato davvero, non si sarebbe affrettata tanto a sposare il signor Arturo.

Era ingiusto, ma in questa ingiustizia aveva gran parte la passione e la gelosia che lo accecavano. Eppure in mezzo a quest’amarezza sentiva un fascino acre, più irresistibile del primo amore, che lo attirava verso di lei. Se lo avesse accolto fra le sue braccia, se avesse potuto baciare ancora una volta quel viso, come sarebbe stato felice! Anche se poi lo avesse respinto.

Ma era impossibile. No. L’Emilia non poteva respingerlo, nè prima nè poi. Sarebbe stato felice finalmente. Quanto al signor Arturo, quello era un’imbecille. Chi ci badava al signor Arturo?

E i suoi pensieri prendevano un’altra direzione. Diveniva indulgente anche per lei, poichè trovava mezzo di giustificarla senza accusare sè stesso. La colpa di tutto l’aveva quella birba del signor Luigi. Senza quel perfido tutore tutto sarebbe andato bene. Povera Emilia, era giusto che potesse essere felice una volta.