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Cesare impallidì e indietreggiò di due passi. La Teresina sentì le parole e vide l’atto. Le parve come se tutte le sue speranze di felicità crollassero in quel momento.
Il contadino, contento d’aver lanciata la sua piccola freccia sferzò il cavallo e andò via di corsa.
Cesare lo chiamò, ma lui finse di non sentire. Aveva detto abbastanza, e non voleva compromettersi con altre spiegazioni.
Cesare non sapeva più di che parlare e la Teresina non osava interrompere il suo silenzio. Solo la piccina, con l’innocenza ignorante dei bimbi, continuava i suoi scherzi e le sue carezze.
Ero uno strazio insopportabile per quelle due creature, in un momento simile.
Il giovane non ci resse; si congedò più presto del solito borbottando un qualche pretesto, e s’allontanò rapidamente.
La Teresina rimase sull’uscio di casa a guardargli dietro, finchè le bastaron gli occhi.
Allorchè il profilo amato si confuse con le ombre del bosco, si ritirò lentamente.
Piangeva.