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suo gesto, timorosa di leggervi un pensiero di noia o di pentimento.

A momenti le pareva di sognare ancora come quella sera fatale: tanto bella era la realtà, tanto inattesa la felicità che le era promessa, che non osava crederla vera. Le pareva troppo per lei.

Commoventi erano le manifestazioni ingenue della piccina. Chiamava «babbo» e poi batteva le mani, e poi nascondeva il capino in grembo alla sua mamma, tutta vergognosa d’essersi lasciata scorgere. Allora Cesare, trasportato da un sentimento irresistibile, prendeva la sua figliuola fra le braccia, la fissava amorosamente e finiva col darle tanti e poi tanti baci che pareva se la volesse mangiare.

Ma quando era solo in mezzo alla campagna e respirava l’aria libera dei boschi e dei campi, provava la sensazione di chi si risveglia da un lungo e torpido sonno. Anche lui penava a persuadersi che quella era la verità, ma per diversa ragione. Si toccava la fronte, s’arrestava in mezzo ah cammino:

Ma era proprio lui, Cesare? Era lui che non rivedrebbe mai più la sua Emilia?

Chinava il capo in atto di sconforto e continuava lentamente, meccanicamente la sua strada, senza