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L’Emilia intanto prostrata dal male, trasportata dal delirio, in fiero pericolo di vita, aveva almeno la suprema consolazione di non saper nulla e di non sentir nulla.
Ma ella aveva pure nella sua giovane costituzione tesori di forze che potevano resistere ai più fieri assalti: era di quelle creature che devono vivere forse perchè devono soffrire. Meno forte del corpo era l’anima.
Due settimane più tardi, dopo angosciose incertezze e crisi terribili, il medico la dichiarava fuori di pericolo.
Il suo primo movimento fu di meraviglia: una meraviglia penosa. I suoi occhi si fissarono sull’uscio con ansietà come se avesse aspettato di vedere apparire da un momento all’altro un viso amato e lungamente desiderato.
Poi interrogò in silenzio, con un lungo sguardo scrutatore le fisonomie delle persone che stavano intorno al letto. Fu un esame scoraggiante.
— E Cesare?... mormorò sommessamente.
— Non è più venuto?...
Nessuno rispose. Anzi, il tutore sembrò quasi scandalizzato di questa demanda che a lui pareva così poco conforme all’orgoglio e alla dignità di