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nerezza e di pietà soavissima e voluttuosa che soggiogava a poco a poco tutte le sue forze.

— Addio, disse la Teresina asciugandosi le lagrime: addio, non ci vedremo più.

A queste parole Cesare che s’era seduto sulla panchina balzò in piedi: s’avvicinò a lei che aveva già fatto due passi per allontanarsi, l’arrestò prendendola per la mano e stringendola con forza — come quella sera prima di dirle addio.

E come quella sera ella chinò la fronte sulla sua spalla.

— Teresina, mormorò il giovane, ti ho voluto bene, sai, tanto, tanto: lo sento ora quanto te n’ho voluto del bene!

— Ti ricordi, riprese dopo un momento di silenzio, accarezzandole il viso, ti ricordi le nostre passeggiate; le belle escursioni mattutine? Io m’alzavo prima dell’alba e venivo a fischiare sotto la tua finestra.

— Sì, ma io ero sempre alzata da più di un’ora e spiavo nell’ombra la strada per dove dovevi venire! Oh, non dormivo, sai, quello notti! Il sonno non voleva venire, per quanto mi rivoltassi sul capezzale: pensavo sempre al piacere di correre con te per la campagna, di tuffarmi nell’acqua, di ve-