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dei fiori non bastavano più a distrarlo, o che gli paresse necessario di rimanere ancora un poco vicino a Emilia e avere un pretesto per osservare l’andamento delle cose fingendosi, immerso in studi profondi.

Quando Cesare o le operaie si furono allontanati egli uscì dal bosco e tornò alla villa, ruminando su ciò che aveva veduto.

Trovò il cortile deserto e tutto immerso in quel profondo silenzio che si spande sulla campagna all’ora del mezzogiorno, specialmente la domenica, allorchè tutti sono alla messa. Una finestra al pian terreno della filanda era socchiusa, il signor Arturo vi s’accostò pian pianino, e fece penetrare i suoi sguardi dentro la stanza attraverso alle sprangherò delle persiane.

In quella stanza stava la Teresina, gettata sopra una panca, nell’abbandono della disperazione.

La piccina dormiva nel suo letticciuolo, e la povera donna frenava i suoi singhiozzi per non svegliarla; ma tanto era l’impeto di quello scoppio di dolore, che tutto il suo esile corpo tremava.

Ricco di questa scoperta e pensando giudiziosamente che quelle lagrime dovessero significar qualche cosa e provenire da forte dispiacere, il signor