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Anche nella chiesa era un bisbiglio sommesso, un biascicamento di orazioni miste a sospiri. Le donne che si erano confessate la sera innanzi aspettavano l’ora della comunione.

Alcuni chierici finivano di adornare il sepolcro nella cappella laterale. In sagrestia, altri chierici si vestivano, preparavano gli oggetti per la prossima funzione, insieme a due pretonzoli venuti da un paese vicino per aiutare don Giorgio e buscarsi qualche soldo.

Nell’angolo più appartato, don Giorgio in cotta bianca e stola ricamata sopra la lunga veste nera, finiva di confessare gli uomini. Da due ore egli stava lì seduto, quasi immobile, nella luce tediosa di quella stanzuccia, nell’aria grave per tanti fiati misti al puzzo di moccolaia.

Una invincibile uggia abbatteva i suoi nervi; e il viso giovine, ancora fresco, dai lineamenti regolarissimi, appariva stirato, affranto: con dei lividori sotto ai piccoli occhi grigi, affondati, e intorno alla bocca tumida, sensuale. Alcune rughe precoci gli solcavano la fronte bianca; e la mano affilata, s’agitava per un moto nervoso nella schiacciante inoperosità. Nei movimenti