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dando su i discorsi fatti col suo successore. — Starà qui meglio di me; ha famiglia e nessuna ambizione. Io vado, finalmente, vado!... Il mio destino si allarga; la fortuna comincia a sorridermi... Sono io contento?...

Aveva tutte le ragioni per esserlo. Un bel paese lo aspettava; un discreto stipendio, e molte probabilità di guadagni accessori.

Con tutto questo, egli non sapeva rispondere alla domanda che si era fatta.

Guardava in fondo alla strada, un po’ a sinistra, le case della Cascina Grande: una larga macchia nerastra.

— Che tempaccio! — mormorò gettando il mozzicotto di un cattivo sella, e pensando a tutt’altro.

La malinconia della partenza penetrava anche la sua anima di gaudente ambizioso; quella piccola parte di se medesimo, quei tre anni di vita con le annesse abitudini e i tenui affetti, gli mettevano addosso, al momento di spogliarsene, un senso fastidioso di rimpianto. E accostandosi alla Cascina Grande, questo malessere cresceva, diveniva acuto, pungente.