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una seggiola di paglia. Appoggiò la spalla sinistra al letto; tenendo sempre lo schioppo con la mano destra. La morta, che nel delirio della notte si era buttata adosso a lui, pendeva tutta da quella parte, tanto vicina, che gli pareva di sentirla ancora sopra di sè, come in quelle ore angosciose. Rabbrividiva.
Crescendo l’oppressione, celò il viso contro il guanciale e pianse lungamente. Le lagrime scorrevano sulle guancie flosce e inzuppavano la biancheria del letto formando una larga macchia.
— Virginia!... Virginia mia! — balbettava quasi senza sapere.
A un tratto si scosse; guardò la morta da vicino e continuò a guardarla sempre più intensamente, negli occhi vitrei rimasti aperti, velati appena dalle lunghe palpebre.
Senza rendersene conto, sentì ch’era sempre bella; si chinò su lei; la baciò. Ah! Com’era fredda! Nuove lagrime gli offuscarono la vista. Tornò a fissarla negli occhi. Quegli occhi morti serbavano nella eterna immobilità una espressione terribile.
Dicevano quegli occhi: