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— Eh! figliuola mia — fece lui, ritrovando ancora una volta il suo bel sorriso di cinico. — Non c’è da stupire. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Lei ci lascierà il corpo e l’anima al suo peccato. È il contrario di te, vedi. Ma è giusto che muoia: ti ha fatto troppo male.

— Oh! per me — mormorò la moglie di Sandro, tirando adagio adagio una ciocchetta di lino — per me, quello che è stato è stato: non auguro la morte a nessuno io.

— Capisco. Ma Sandro è ancora abbastanza giovine, e non è cattivo. Morta quella lì, ritornerà a te, e sarete felici; potrai avere figliuoli ancora... se sarai guarita. Dunque, bisogna che tu ti lasci curare.

Ella scrollò il capo tre o quattro volte rapidamente.

— No, no, no! Non guarirei lo stesso. E poi non me ne importa. Quando una cosa è finita... D’altra parte c’è quella povera anima che dev’essere al limbo — dice il curato — e se avessi altri figliuoli patirebbe di gelosia. Meglio non darglielo questo dispiacere.