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tevano soddisfarlo. La società pavese dove faceva qualche rapida apparizione, lo annoiava; troppi vincoli di idee provinciali; troppi pregiudizi. E poi, egli non voleva legarsi con una di quelle relazioni che possono avere troppo peso nella vita di un giovine. Neppure ammogliarsi voleva, come certi suoi colleghi che gli predicavano la rassegnazione. Le ragazze da marito che i soliti smaniosi di fare la felicità altrui gli vantavano ed anche gli offrivano segretamente, non parlavano al suo cuore, non gli destavano la indispensabile simpatia; e le famose doti erano miserie: ventimila lire al massimo! Egli sorrideva con disprezzo. Ci sarebbe voluto una vera ricchezza per deciderlo al sacrificio; tanto ei sentiva alto di sè, tanta fede aveva nella fortuna. Aspirava ai massimi gradi sociali, con la freddezza tranquilla di chi non vede che il proprio valore, e non teme rivali. Ma intanto, qualche cosa gli ci voleva per passare alla meno peggio quei maledetti anni!

Da principio aveva sperato nelle avventure. Ne aveva sentite raccontar tante, quand’era studente, di giovani medici accarezzati da nobili