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246 | tavola quarta |
custodirla da certa nascente infezione d’eresia che si era scoverta in Calavria; ma i Legati significarono al Papa esser quell’uomo di tanto pro ed onore al Concilio con la dottrina e con la virtù e con la prudenza, che parea loro quivi non pur utile, ma necessario. Onde, non ostante la gravezza della cagione da lui addotta, conveniva provvedervi per altro modo, ed usare l’autorità di Sua Beatitudine per fermarlo: ed al consiglio uniformossi l’effetto».
Terminato il Concilio, e ritornato alla sua Sede, ebbe principal cura di porre ad effetto le salutari determinazioni di quella solenne adunanza, coltivando la cristiana pietà, correggendo i costumi, schiantando gli abusi, sollevando i poveri, e promovendo in somma tutte quelle opere che più sollecitamente e meglio mirassero alla restaurazione della fede cattolica. E tutto intento a tali nobili proponimenti favoreggiò l’istituzione de’ Padri Gesuiti, che tornò così giovevole all’educazione della nostra gioventù; fondò il Seminario de’ chierici, ed il Convento de’ Padri Domenicani. Sotto i suoi auspizii sorse anche in Reggio il Monte della Pietà. La Chiesa Cattedrale, incendiata e quasi al tutto distrutta nella turchesca invasione, fu rifabbricata per opera sua, e poi consecrata da lui a’ 31 gennajo del 1580 coll’assistenza de’ Vescovi di Bova e di Oppido, suoi suffraganei. Al rito gallicano, già anticato, sostituì il latino. Ridusse in uno i varii Monasteri della città, ed il nobilitò del titolo di S. Maria della Vittoria sotto la regola di S. Benedetto. Tenne tre volte la Sinodo Provinciale, cioè due in Reggio, una in Terranova. Ottenne da Sisto V che i Canonici della nostra Cattedrale fossero decorati di rocchetto e mozzetta violacea. Nella peste del 1576 fu angelo tutelare degl’infelici e de’ poveri. Concesse con pubblico istrumento, rogato dal notajo Aurelio Dattola, duecento quattronate di terra della Mensa Arcivescovile a trentadue famiglie, per farvi coltivazione di gelsi neri e di fichi, e coll’obbligo a’ concessionarii di corrispondere alla Mensa il terzo de’ frutti.
Visse sino alla grave e venerabile età di anni novantadue, e la sua vita non fu che un continuo esercizio di opere di cristiana pietà e di civile sapienza. Morì in Reggio nel 1592, e fu seppellito nella Cattedrale. Ebbe esequie splendidissime, ed il Vescovo di Bova Giuseppe Camerota disse le lodi e gli egregi fatti dell’illustre Prelato in un’orazione latina elegantissima.
LI. Annibale d’Afflitto (1593). Palermitano di nobilissima famiglia. Studiò in Roma attesamente l’uno e l’altro diritto; e ricevette in Padova la laurea del dottorato. Recatosi presso il re Cattolico Filippo II, gli fu affidato il ministero della Real Cappella, e di