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   304 annotazioni

retto colla Strada Crisafi a mezzodì, e coll’altra detta delle Terme ad oriente. Dopo che, per i gagliardi terremoti del 1783, la nostra città rimase distrutta in non poca parte, e crollante in moltissima, sarebbesi potuto pure da quella sventura trarre occasione di fare non pochi scavamenti per diseppellire, quanto più fosse possibile, ciò che a noi rimane tuttavia sotterra della gloria degli avi. Certo egli è che (per la forza inevitabile delle infinite e continue vicende sì politiche che fisiche onde questo paese è stato sempre travagliato) tutta sotterra è l’antica Reggio; e le moderne abitazioni non sono fondate per lo più che in suolo mal fermo, o soprapposto all’antico da’ naturali rivolgimenti, o rammassato qua e là dalla singolare perizia degli architetti, per la strana voglia (che ancor dura) di ridurre tutta ad una livellazione la superficie della città.

Niente dunque potendo dir noi nè del Teatro antico, nè del Pritaneo, nè della Zecca, nè di molti altri vetusti edifizii, de’ quali or non ci avanza che il nome, intendiamo far brevi parole delle Terme, scoperte, sono ormai quarantasette anni, dal mio concittadino Federico Barilla, caldo ricercatore delle patrie cose, e lodato scrittore di varii opuscoli appartenenti alla storia reggina. E tanto più dovrà parer utile che di questo nostro monumento si dia contezza, in quanto che al presente null’altro veggiamo nel luogo ov’esso sorgeva, che la mentovata casa, dove da moltissimi anni si lavorano indefessamente maccheroni e lasagne.

Nell’anno 1810, a premura del Barilla, la pubblica amministrazione provvide che si facessero scavi per disotterrare la Terme, e questi tosto cominciatisi coll’assistenza dello stesso, si giunse a scoprire non poca parte di quel monumento. Dal che si potette arguirne la solida ed ampia struttura, degna veramente dell’epoca più florida della nostra repubblica. Il Barilla ne fece il disegno, ed una minuta descrizione; dalla quale io desumo e riferisco qui quanto basta a dare a’ lettori una chiara idea dell’antico edifizio.

La sala centrale delle Terme faceva un esagono, del quale ogni lato aveva la lunghezza di venti palmi, ed il suo pavimento veniva sostenuto da parecchie serie di pilastrini laterizii dell’altezza di tre palmi, e della grossezza di un palmo e mezzo quadrato. Questi pilastrini formavano l’ipocausto inferiore, luogo ne’ bagni antichi dove faceva entrarsi il calore che serviva a riscaldar le stanze e le acque. Con questo ipocausto avevano comunicazione altri simiglianti ipocausti laterali. L’ingresso esteriore delle Terme fu trovato nel lato orientale dell’esagono; e vicino all’ingresso si rinvenne un braccio di marmo, che dovette appartenere per la sua grandezza ad una statua colossale ch’era forse eretta all’entrata. Si è scoperta ancora presso l’ingresso una base di marmo murata tenacemente, dove erano scolpite talune lettere greche, dal cui raccozzamento, benchè mezzo consunte, risultò la parola Diana. Ma non si potè conchiudere che la statua colossale avesse dovuto raffigurare tal Dea, poichè quella base di marmo, non essendo di tal proporzione da poter assettarvi una statua più grande del vero, fece congetturare ch’abbia dovuto servire ad altra statua minore.

In ciascuno degli altri due lati dell’esagono, attigui al lato orientale ed anteriore, e proprio nel mezzo di essi, era un adito che dall’esagono menava a due laconici laterali, i quali potevano dirsi anteriori, per la ragione che da ognun di essi, mediante un’altra entrata, passavasi ad altri due laconici posteriori. Appellavasi laconico negli antichi bagni quella came-