Pagina:Sonetti romaneschi V.djvu/162

152 Sonetti del 1838

lo difendeva col bastone e col coltello. Né a ciò fare le mancavano esempi o incitamenti dall’alto. Per la Voce della Verità di Modena, “i liberali erano o Massoni, o Carbonari, o Mazziniani; e tutti come nemici dell’altare e del trono (vecchia ed ormai rancida frase) parificati ai ladroni delle pubbliche vie, e meritevoli d’essere, ad un cenno sovrano, senza scrupolo sterminati.... Un opuscoletto stampato nella Tipografia ducale (1841) tornava ad avvertire i Principi, affinchè lasciate le vie della mansuetudine e della tolleranza (quasi avessero abbondato, tranne il Granduca toscano, nella clemenza) venissero alla prova del sangue; e finiva con feroce e spudorata sentenza dicendo, che il Principe più pietoso, quello è che tiene per primo ministro il carnefice. Così parlavano sotto gli auspici del Duca i Sanfedisti ed i Gesuiti infeudati in quella svergognata effemeride.„ Poggi, Op. e vol. cit., pagine 274-75.]      2 È sempre la stessa cosa. [Ma pappina, propriamente, è “quel gelato molto dozzinale che si va vendendo per le strade.„ E significa anche “colpo, battitura.„]      3 Da levarsela.      4 Io vorrei.      5 La mannaia della ghigliottina.      6 Facessero.      7 Corresse.      8 Eccettua noi altri.      9 [In giacchetta. V. però la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.].      10 Vacci alla cieca.