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principe Canosa, e quell’anima più nera e più venale che l’anima di Giuda, il ministro Luigi Medici. Questi due famosi scellerati gareggiarono per ruinare e sprofondare, la nazione: il Canosa dandola a lacerare ai birri ed al popolazzo più infame, il Medici vendendola e rendendola schiava dell’Austria. La quale comandò, e il Canosa fu cacciato; ma rimasero i suoi discepoli numerosi, furiosi, assetati di sangue, il generale Nunziante, il marchese di Pietracatella, Monsignor Olivieri aio del secondo Ferdinando, e molti altri ancora tra magistrati, militari, preti, impiegati civili, dei quali parecchi ancor vivono e canoseggiano.

Moriva nel 1825 re Ferdinando non sazio delle lagrime di un popolo ammiserito, e lasciava per ischiacciarlo maggiormente il figliuolo Francesco I, il quale (rimandati gli affamati tedeschi) per altri cinque anni seguitò a spremere le lagrime ed il sangue di questi popoli per mezzo dei preti, dei frati, di crudeli ministri, e di un suo rapacissimo servitor favorito Michelangelo Viglia. Questi, che aveva salvata la vita al re avvelenato da quella tigre che l’aveva partorito, e Caterina de Simone, compagna ed aiutatrice delle bestiali lascivie della regina Isabella, posero a prezzo ogni cosa. Chi voleva campar la vita da una condanna, dava danari al Viglia: chi voleva impieghi civili, ecclesiastici, militari, dava danari al Viglia: gli diè ventiduemila ducati Cammillo Caropreso e fu fatto Ministro delle Finanze. Insomma il cameriere Viglia, che aveva l’uffizio di affibbiare i calzoni al re e di grattargli le reni quando la sera andava a dormire, e la ruffiana De Simone furono gli arbitri delle vite e delle sostanze di tutti i sudditi. Sapevalo il re, e ne godeva, e diceva al Viglia: Fa’ buoni affari, e profitta del tempo, chè io non vivrò molto.1 Intanto,

  1. Quando Francesco andò in Ispagna a dar la