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le cose della guerra, e volendo che nessuno abbia quei grassi guadagni che sono in quel ministero. Nel conto delle spese del regno è segnato un milione e mezzo di ducati per la marina ogni anno; di questi si spende poco più della metà, il resto se lo prende il Re, il quale regala ottocento ducati agl’impiegati che gli fanno il conto segreto: gl’impiegati si spartono il regalo; colui che fa veramente il conto è un impiegatello che ha sei ducati il mese e non conosce l’importanza del lavoro che fa. Conoscendo questa sozza avarizia del Re i provveditori del l’esercito (fornisori) signori Montuoro e Falanga gli portano ogni anno un dieci o dodici mila ducati dicendo che sono risparmii da essi fatti. Il Re loda questi buoni provveditori, e dice che i soldati son trattati benissimo. Se compra, se dona, se fa contratto qualunque, mostra un’avarizia così vile e sozza che farebbe vergogna ad un usuraio. Ed in questo è ben secondato dalla tedesca grettezza della superba moglie, la quale, volendo fare un regalo all’arciduca Federico suo fratello venuto in Napoli, si fece portare alcune merci da un ricco merciaio chiamato Germain; contese lungamente sul prezzo, come una femminella, infine si accordarono: dopo un’ora la Regina mandò un servitore dal Germain dicendogli che il Re aveva veduto le merci, che le eran care, che o dovesse rilasciar qualche altra cosa o se le riprendesse. Ognuno conosce questa fetida avarizia del Re, ed ognuno propone risparmii, ed è certo che la sua proposta è approvata dal Re che corre ad ogni piccolo guadagno. In somma il Re permette le frodi e le ladronerie più sfacciate purchè chi le fa sappia dargliene una parte con colorato pretesto. Così fanno i Ministri, così fanno tutti gl’impiegati, e la nazione lacerata, spogliata, affamata, grida invano e cerca giustizia dal coronato ladrone che è il primo suo assassino.

Intanto egli fa tutto in buona coscienza, ogni mattina