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[419] nuovi progetti di fuga 133


ma ragionevole, e di persone sennate e bene informate, tu me le scriverai. Se bisogna far l’affare, tuo zio dovrá decidere se conviene, se si può sperare altro, o non si può; perché poi è meglio sofferire altri sei, otto, dodici mesi che esporsi ad un pericolo. Insomma dev’egli dire: «Non si può sperare altro, questo è l’unico espediente». Qui seguitano le voci, ma non cosí come prima: si dice ancora che amnistia non se ne fará piú, perché si voleva non solo l’amnistia ma la costituzione: si dicono insomma mille sciocchezze. Io per me credo che la voce dell’amnistia sia uscita proprio dal re, il quale sapendo e temendo che si parlerebbe dei fatti suoi nelle conferenze, spacciò che direbbe e farebbe: veduto che non han parlato di lui (e non potevano) non ha piú detto nulla né fatto nulla, e ride ora di tutti quelli che han creduto alle sue parole, e credono ancora, e non si vogliono discredere. Io credo d’indovinarla. Forse ancora fará grazie particolari ai relegati, ai condannati a ferri, ed a qualche ergastolano ancora, ma dei meno invisi: si fará una nota degli aggraziati, si pubblicherá sul giornale uffiziale, si griderá: «Né volete piú? ecco le grazie». Ma indulto generale non mai finché Ferdinando sará Ferdinando; né io, se fossi suo consigliere, glielo consiglierei. Ti ho scritto anch’io quattro chiacchiere fra tante che se ne dicono per farti conoscere come io penso.

Seguita a mettere le letterine nel lino; ma accomodale bene e fa che sieno di piccolo volume.

Ti raccomando di accomodarle bene. Io seguiterò a mandarti le mie lettere nelle scatolette, come ti mando questa. Bisogna usare accorgimento ed un po’ d’astuzia.

Bada alla tua salute, bada di star sana, e cerca di non turbarti l’anima con quelle pene morali che ti fanno piú male delle fisiche. Io sto bene fisicamente, un po’ meglio moralmente. Tu mi dici che io non sono ammalato con la intelligenza, e che le mie lettere provano il contrario di quel che io dico. Ah mia diletta, pur troppo io sento questo male intellettuale, che altri non crede: e se le mie lettere che io scrivo a caso, e scrivo quando ho la febbre addosso, perché penso