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il carcere di santa maria apparente 91


venivano innanzi agli occhi le mani di frate Angelo. «Verranno molti, mi metteranno le mani addosso i manigoldi, che fare contro tanti? Ebbene vengano a straziarmi, a lacerarmi il corpo: io non farò motto. Giacché ci sono, bisogna starci da uomo. E la mia Gigia che fa in questo momento? Da quella notte dell’arresto io non ho saputo nulla di lei, e del figlio mio. Povera Gigia mia, ella soffrirá piú di me: ella è gravida, e chi sa se non si sará sconciata. E Raffaele quando lo rivedrò il mio bimbo? Che faranno ora? dove saranno? E se qualcuno li insultasse? Oh che dolore e questo che mi squarcia il petto! questa è tortura vera».

Tra questi angosciosi pensieri passeggiai lungamente nella stanza, leggendo a quando a quando su per le pareti nomi e bestemmie scritte col carbone. Sentii la molestia della fame, e guardai le fave, ma non potei toccarle per lo schifo di quel piattello: tolsi il pane e ne mangiai la sola crosta, perché la midolla era proprio fango: la notte se la mangiarono i topi che vennero a schiere, e portarono via anche le fave. Quella notte io non chiusi occhi, e disteso immoto sul farto contavo le grida delle sentinelle e aspettava la tortura: ma il custode che discese piú volte, e passando pel mio trapasso andò negli altri criminali a battere i cancelli, mi diede sempre la buona notte cavandosi la berretta, sicché io cominciai a rassicurarmi un poco. Il giorno appresso venne il custode maggiore, e mi disse: «Se non vi do nulla non mi credete cattivo: sono ordini, e bisogna seguirli. Quando verrá il commessario ad interrogarvi...» «Quando verrá?» «Chi lo sa! quando vuol lui! Quando verrá chiedetegli che vi tolga da questo criminale che è il peggiore di tutti, e vi permetta di avere ciò che vi bisogna, e io farò ogni cosa». «Vi ringrazio: ma per ora, giacché debbo mangiare le fave, potreste voi farmi comperare una scodella nuova?» «Volentieri: ad un galantuomo che conosce il suo dovere si fa ogni agevolezza». «Voi avete i miei danari, fatela comperare». Mi fu portata la scodella nuova, e in essa mangiai i fagiuoli il giorno appresso facendo cucchiaio della crosta del pane. E cosí un giorno fave, un giorno