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una cattedra 69


su l’azione oratoria; si aprí Orazio e avemmo a scrivere le lodi di Augusto in esametri latini ed in un’ode saffica italiana. Come udii le tesi respirai, e non tremai piú, anzi con una certa baldanza mi apparecchiai al duello col mio avversario. E l’arena di quel duello fu la sala del museo mineralogico, dove tredici anni dopo, nel 1848, fu la Camera dei deputati. Scrissi di forza, e scrissi il comento filologico tutto in greco, e questo fece un gran colpo: i professori mi credettero un ellenista valente, poco meno che un Errico Stefano, ed io non era altro che un pappagalletto ardito che ricordavo sino i punti e le virgole: ora tutto quel greco se n’è ito. Otto giorni dopo recitammo un discorso italiano per dar pruova come s’ha a parlare da la cattedra. La facoltá diede il suo giudizio, e lodato il mio avversario nominò me professore. E cosí per quattro scarabocchi latini e quattro greci mi diedero una cattedra di eloquenza, mentre avevo ventidue anni, sapevo tanto poco, e avevo bisogno di andare a scuola. Ci voleva la laurea, e senz’altro esame me la diedero, ma dovetti pagare, perché quando si tratta di quattrini non c’è greco ne latino che tenga, la facoltá di letteratura non intende di finanze, e bisogna pagare.

Subito andai da la mia fanciulla che mi accolse festosa, e mi diede il primo bacio. Sono vecchio di sessantadue anni, sono quarant’anni che ebbi quel bacio, e me ne ricordo come de la sola e vera dolcezza che ebbi nella vita mia: quel sacro bacio mi accese una luce che io ho tenuta e tengo sempre innanzi agli occhi miei, e la terrò sino all’ultimo dei miei giorni. Se il mio canonico ne fu lieto non ve lo dico. Monsignor Colangelo riferendo al ministro non obbliò di dire che io era quel desso giá proposto da lui: quell’eccellente uomo del Puoti mi abbracciò e mi diede molti suoi consigli di cui pur troppo abbisognavo; e la duchessa come mi rivide: «Vi saluto, professore: la sposerete ora». «Certamente». «E quando l’avrete sposata, ricordatevi che voglio vederla».

Il giorno 8 ottobre di quell’anno 1835 io tolsi in moglie la mia diletta la quale era nata il 12 febbraio 1818. I suoi