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62 parte prima - capitolo viii


uomini anche noi? C’è piú onore quando si comincia soli una grande impresa». La vanitá che pur si crede una cosa leggiera, ebbe piú peso nelle mie bilance che la ragione: fui superbo di possedere un segreto, di partecipare a la istituzione d’una setta, e mi ci messi di gran volere. Cominciammo noi due a spargere la setta fra i giovani e gli amici cui ci potevam confidare; e quei volentieri l’accettavano perché a quella etá si accetta ogni proposta che pare bella e generosa. Il mio amico per usare un po’ di santa impostura, e mostrare carte stampate che venivano dall’alto, ebbe a spendere molti quattrini e si privava del necessario nel vitto e nel vestito, e non viveva che in quel pensiero, e sperava che il numero degli affiliati crescesse tanto, da poter dare egli il segnale della rivoluzione, e scoprirsi. E questa fu la giovane Italia sparsa nel regno, e creduta essere quella del Mazzini.

«Ma voi eravate veramente pazzi!» Sí, ma senza quei pazzi non ci sarebbe l’Italia ora; senza quella fede, quella febbre ardente, e quell’entusiasmo, i savi discuterebbero ancora e non avrebbero fatto nulla. Ci volevano i pazzi ed i savi, come in tutte le cose grandi ci vuole l’ardire ed il senno: ma al cominciare ci vogliono sempre i pazzi. Ma lasciatemi considerare un po’ la ragione di quella pazzia.

L’unitá d’Italia fu sempre antico e continuo desiderio di tutti gl’Italiani intelligenti e generosi. Dante voleva l’unita del mondo con a capo l’Italia, la monarchia universale con due capi l’imperatore e il papa: questa era una poesia ma ha il suo valore storico, perché indica che l’unita religiosa del medio evo era giá rotta e divisa in due.

Nel decimoquinto secolo si ordinarono gli stati d’Europa mediante la forza e la conquista: in Italia si cercò l’equilibrio tra le signorie, e la libertá municipale impedí l’unita nazionale. Il primo concetto di fondare in Italia uno stato grande e forte fu di Nicolò Machiavelli, il quale ideava un principe cui dava consigli ed ammaestramenti tratti dalla sapienza politica de’ romani, gli diceva di tenere la religione come mezzo, adoperare forza ed astuzia, e non aborrire neppure dai delitti che