Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. I, 1934 – BEIC 1926061.djvu/42

36 parte prima - capitolo iv


ignoto a molti, e che io dirò. Il principe di Canosa, che allora era in Modena, fecesi ricordare a re Ferdinando, ed ottenne permesso di ritornare nel regno, e giunse in Aquila dove l’intendente Zurlo lo accolse a grande onore. Come il ministro Delcarretto intese che la vecchia belva tornava ed era giá in Solmona, si fece vivo, e tanto si adoperò, che il re mutava consiglio, e fu ordinato che il Canosa tornasse indietro anche tra i gendarmi se ricusava, e quegli allora andossene a Roma. Ora il Delcarretto per non far sentire la necessitá del Canosa e dei canosini rigori, fece disparire le pruove della vasta cospirazione, disse al re non esservi altro che parole, e che l’intendente Zurlo aveva dato corpo all’ombra e riferito che in Abruzzo stava per divampare un incendio. Cosí l’astuto ministro fece finire la cosa col mandare in esilio sette persone e il Dragonetti al confine, e fu lodato dai liberali: il Zurlo fu traslocato. Il Delcarretto era piú furbo del Canosa.

Questo accidente salvò ancora una mano di giovani che avevano fatto uno strano proposito; avevano pensato di fermare in via di Capodimonte la carrozza del re, pigliar lui, condurlo in una casa vicina, ed ivi con le buone o con le triste costringerlo a ciò che essi volevano. Le armi, la casa, gli animi erano giá preparati, ma essendo per venire al fatto, furono denunziati, carcerati, trattati come matti, e puniti leggermente. Vincenzo Granchi professore nella scuola veterinaria era capo di questi giovani, quasi tutti suoi scolari, Michelangelo Calofiore, Luigi Caruso, Giuseppe Ferrara, Luigi Praino, Francesco de Francesco, e Giuseppe Rizzo prete, tutti calabresi. Propositi di scolari che sarebbero stati orrendamente puniti, se il Delcarretto non avesse dovuto mostrare al Re che tutto era ordine e tranquillitá, e che a la sua vigilanza si doveva un tanto bene.

Sul finire del 1832 Maria Cristina di Savoia venne sposa a re Ferdinando. Questa buona e pia donna fu consigliera di mitezza al marito, lo pregò ed ottenne che nessuna condanna di morte fosse eseguita. «Punite», ella gli diceva, «se per bene dello stato è necessario punire, ma sangue no: con la