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V

Uno sguardo al mondo.

Farei peccato di superbia se vi parlassi di me nel 1831, quando neppure io pensavo a me, e tenevo gli occhi in alto a guardare gli avvenimenti del mondo, come chi siede in teatro e tutto inteso a un grande spettacolo e dimentica sé stesso. Pure se io guardavo in alto dovevo avere i piedi a terra. Un mio cugino mi offerí la sua tavola, e vedendo che io l’avvocato non lo voleva né poteva fare, mi disse: «Per avere un’occupazione mettiti ad insegnare: vedremo di farti avere scolari». E io mi messi ad insegnare quello che sapevo e potevo. Cosí cominciai a rifare i miei studi proprio da capo, e a guadagnare quattrini che erano pochi, e ci vivevo assai sottilmente. Guardiamo ora in alto.

Quando re Ferdinando II nel novembre del 1830 saliva sul trono delle Sicilie cominciò bene, e a molti parve un buon principe. Ogni giovane a venti anni è buono, come ogni fanciulla a quindici anni è bella. In un suo manifesto dichiarò di «volere rammarginare le piaghe che da piú anni affliggevano il regno», ristorare la giustizia, riordinare le finanze, promuovere le industrie ed il commercio, assicurare in ogni modo i beni dei suoi amatissimi popoli. Quando poi diede un’amnistia per la quale tornarono a le loro famiglie molti esuli, molti prigionieri, le speranze crebbero e l’allegrezza fu grande. Gli uomini savi dicevano che egli aveva fatto una brutta orazione funebre a suo padre; ma gli davano lode perché scacciò parecchi ministri e servitori che durante il regno di Francesco avevano fatto mercato d’ogni cosa, perché restrinse le spese della casa sua, tolse via le cacce, e volle vivere con certa semplicitá e parsimonia che il popolo chiamò avarizia. Pareva a tutti cortese perché dava udienza a tutti,