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racconto di mia moglie 277


poi in un’altra, nella quale il cardinale dopo la messa veniva a fare il suo ringraziamento. Noi attendevamo in quella stanza fredda piú di un’ora senza pronunziare una parola. Uno, non so se cameriere o segretario, sedette anch’egli e non so se a caso o per malizia, per prendere parole con noi, disse: «Questa mattina alle dieci si fa giustizia in Napoli». Tutti tremammo a quelle parole; io vidi tutte le facce piú incadaverite di prima. Peppino rispose: «No, sará domani non oggi, assicuratevi». Quegli riprese, che stamane sará l’esecuzione, perché è venuta una persona da Napoli, e lo ha detto. Nessuno rispose. Io m’intesi un gelo per tutta la persona e dubitava s’era vero quello che sentiva, il cuore mi agonizzava, io diceva tra me: «Sará questo un inganno che mi hanno fatto dicendomi un giorno per un altro e facendomi allontanare da Napoli. Come dice costui, io sto qui, e Luigi si sta preparando per salire il palco. O mio caro Luigi, e che cosa starai soffrendo a quest’ora? dove ti troverai? a che starai pensando? ti ricordi della tua Gigia, e de’ figli tuoi? Ah, noi piú non ci vedremo. Mio Dio, dágli forza per soffrire, e non fargli capire in che punto si trova. Dio mio, dágli speranza, dágli aiuto, consolagli il cuore. Ed il cardinale ancora non si vede! e che ci dirá quando esce?» Mentre io diceva fra me queste cose ecco il cardinale, il quale subito che ci vide disse: «Io nella messa ho pregato Dio per voi». Queste parole, la sua dolce fisonomia, mi animarono un poco, Vincenzo il prete e Peppino gli parlarono, gli parlai anche io, le mogli di Agresti e di Faucitano piangevano. Io dissi quel che poteva dirgli una moglie ed una madre disgraziata, ed in quello stato. In prima egli rispose di non potere far nulla e diceva. «Andate questa sera nella cappella reale dove sono le quarantore e tutti possono entrare, e lá vedrete il re, e lo pregherete». «Dio mio», io risposi, «come? si tratta di vita, mio marito si trova in cappella, dimani a quest’ora piú non esisterá, e noi tre mogli sventurate saremo vedove, ed i nostri figli non avranno padre. Il re ha dato ordine di non fare entrare le famiglie de’ condannati, non vuole neppure vederci: come