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tre giorni in cappella 229


lamente per sei, cioè per Nicola Nisco, Felice Barilla, Filippo Agresti, Luigi Settembrini, Michele Pironti, Salvatore Faucitano; e per gli altri gravi pene di ferri; 30 anni per Carlo Poerio, Francesco Catalano, Cesare Braico. Dopo la requisitoria dei procurator generale, noi richiesti a morte fummo separati dagli altri e piú ristretti: il Nisco, perché ammalato, ed il Barilla, perché prete, stettero nell’ospedale di San Francesco: noi quattro, che eravam nella Vicaria, fummo tratti dalla carcere dei nobili, e passammo in quella del popolo, in luogo detto il Provvisorio, dove sono molte stanze segrete: e fummo allogati in due stanze dette lo Sperone e Marco Perrone, dataci la facoltá di passeggiare in uno stretto corridoio, e bere un poco d’aria da un’alta finestra che è in fondo di esso. Ci fu conceduto di aver con noi, per farci qualche servigio, quel caro giovane di Vincenzo Esposito, sartore, e fra i quarantadue richiesto anch’egli a 19 anni di ferri. Io non descriverò la crudele agonia di due mesi che sofferimmo in quel luogo, le intere notti vegliate meditando e scrivendo le nostre difese, l’alterna vicenda di speranze e di timori che ci venivano date: le parole dei giudici a noi riferite dagli avvocati, le promesse che si farebbe giustizia, le voci diverse: perché la decisione fece tutto vano.

Finalmente il venerdí 31 gennaio 1851, tre ore dopo il mezzodi, i giudici si chiusero nella camera del consiglio per decidere, e noi discesi nel carcere fummo ristretti piú che nei giorni precedenti. Desinammo tranquillamente secondo il solito; e poiché fu venuta la sera, tutti e quattro prendemmo a ragionare. «Faranno giustizia?» «E lo speri?» «Io non credo che saranno tutti malvagi, e qualcuno di essi penserá all’avvenire». «Costoro hanno un’altra logica». «Ricordiamo che questa causa si è fatta per esempio pubblico, e che il governo ha necessitá di condanne per giustificare le sue azioni». «Ebbene, io sono disposto a tutto». «Nessuno di noi smentirá se stesso». «A noi condanna, ad essi infamia». «Io dico che da questa decisione dipende la libertá o la servitú del nostro paese: se avranno il coraggio di essere giusti, il governo non