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164 parte prima - capitolo xix


Vincenzo Mauro, un prete de Ninno, Giuseppe Lamenga, Giuseppe Scola capo de’ popolani, Vincenzo Dono, ed altri di cui non ricordo i nomi. Saputo che il re andava a Portici la domenica del 31 ottobre dopo il mezzodí lo aspettarono su la via della Marinella per dove la carrozza doveva passare, e dove speravano di avere aiuto dai popolani guidati da lo Scola. Vincenzo Mauro e prete de Ninno passeggiavano insieme accigliati e muti, e ogni tanto si rivolgevano per vedere se veniva. Aspettarono sino a sera, deliberarono di tornare un altro giorno: la notte sette di essi furono arrestati. Un tal Vito Matera di Albano in Basilicata gli aveva denunziati a la polizia; e per questo avviso il re non uscí in quel giorno, e il fiero disegno non ebbe effetto. Chiusi nelle segrete di Santa Maria Apparente stettero saldi ai tormenti e a le promesse che lor faceva il commessario Campobasso, il quale non potendo indurli a confessare nulla, e vedendosi fallire tutte le sue arti poliziesche, disse: «Voi negate, ma io lo so pur troppo che volevate uccidere il nostro re, il nostro padre amatissimo». E cavandosi di tasca un fazzoletto piangeva e singhiozzava. Carlo Poerio mi diceva che trovandosi egli nel medesimo carcere al civile, ed entrato nella stanza dove si erano fatti gl’interrogatori e v’erano per terra molti pezzi di carta scritta lacerata, egli parlando al commessario per non so che cosa, pose il piede prima sopra uno sputo e poi sopra quei pezzetti di carta dov’era piú scritto, e due gli s’attaccarono alla suola delle scarpe, che egli poi destramente prese, e lesse alcune parole, dalle quali non seppe niente.

Questi disperati e feroci partiti, queste ire impotenti di schiavi dispiacevano agli uomini di senno, i quali dicevano che questi fatti non s’accordavano con quelli degli altri italiani e manderebbero tutto in rovina con danno e vergogna: e consigliavano di mostrar coraggio e dignitá civile, non temere di parlare francamente e dire la veritá in faccia ad ogni uomo, sperare nell’opinione generale che si andava mutando; con questo solo mezzo lento ma sicuro potersi vincere la bestiale ostinazione del governo: ché quando un príncipe ha torto,