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ritorno al mondo 149


pato, dopo di aver insegnato all’Europa tutto quello che sa, e di aver prodotti i capilavori nell’arte moderna, cademmo in un abisso di servitú e di miserie, e perdemmo sinanche il nome di popolo: e pure risorgemmo, ci unimmo in uno stato, rifacemmo l’Italia che ora si asside fra le grandi nazioni, ed ha un altro grandissimo ufficio a compiere, trasformare la coscienza cristiana di tutti i popoli civili. Senza grandi e singolari facoltá morali e civili non si fa tutto questo, non si risorge, e a questo modo, e con questo fine. Senza superbia adunque e senza voler dispregiare nessuno, si può dire che noi siamo naturati ottimamente, e che il buon Gioberti fu e poeta e profeta, e come filosofo civile non s’ingannò. L’Italia deve annoverare quest’uomo tra i suoi maggiori benefattori.

Siamo pure i primi, ma che dobbiamo sperar noi? Il Gioberti non ha voluto dirlo, ma bisogna che si sappia, e se ne discuta il come. Prima di ogni altra cosa trovar modo di liberarci da lo straniero; e stringerci intorno al papa, e ai nostri princípi naturali. Cosí diceva Cesare Balbo nel suo libro Le speranze d’Italia, che fu pubblicato un anno dopo, e non ebbe la forza e la potenza del Primato. Era cosa che sapevamo e volevamo da molti secoli. «Non è solo lo straniero ma il papa che è nemico d’Italia, e vi ha chiamato tutti gli stranieri, ed è la cagione di ogni divisione, di ogni corruttela, di ogni servitú nostra», diceva il poeta Giambattista Niccolini nel suo Arnaldo, che fu letto ed imparato a mente dai giovani. Insomma era come una grande discussione, che il Gioberti pose con arte e fece accettare da tutti, e ognuno vi disse la sua opinione, e il concetto si chiarí e dilargò, e piú tardi divenne azione, e poi fatto.

Intanto nel 1845 si raccolse in Napoli il settimo congresso degli scienziati italiani. Il primo era stato in Pisa nel 1839, e negli anni seguenti in altre cittá d’Italia: i príncipi e la stessa Austria li avevano accolti nei loro stati; solo papa Gregorio non ne volle in casa sua. Il ministro dell’interno Nicola Santangelo, che pur fece molte cose buone e sarebbe ingiustizia dimenticarle, lo propose al re, e lo difese: il