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134 parte prima - capitolo xvi


queste lettere ne lesse alcuna ad un lucchese carcerato come falsario, il quale lo denunziò all’ispettore. Un bel giorno venne l’ispettore con ordine del ministro, ci fece uscire dalla stanza numero cinque dove eravamo soli, e ci allogò nel camerone dell’infermeria dov’erano carcerati i ladri, falsari, omicidi, avvelenatori di civile condizione e però detti galantuomini. Trista compagnia, ma non cosí tristo il luogo. La metá del camerone era occupata da’ letti, l’altra metá divisa da un cancello di legno, con le finestre a mezzogiorno, era vuota e di giorno vi lavoravano i sartori: ed io la me n’andavo, e me ne stavo immobile a riguardare il sole per lunghe ore, e a pensare ai casi miei. E quando non avevo da copiare scrivevo un dialogo intitolato Le donne, e traducevo in versi l’arte poetica di Orazio facendovi un lungo comento: le quali scritture non le ho lacerate come tante altre perché mi ricordano l’infermeria, e quei sartori che cucivano panni da soldati, ed io tra loro sopra una panchetta menavo la penna.

Nella Vicaria, che è carcere giudiziario, noi altri non piú giudicabili né condannati non dovevamo stare; ed essendo a disposizione della polizia chiedevamo che ci mandassero a Santa Maria Apparente che era carcere di polizia: perché almeno lassú c’è aria e luce. Nel gennaio del 1842 fummo mandati nell’ospedale di San Francesco soltanto noi tre, Musolino, Anastasio, ed io: l’Escalonne rimase nella Vicaria, ed ebbe qualche aiuto dalla legazione francese.

In San Francesco al pian terreno erano le sale dove la notte venivano a dormire quelli che erano usciti di carcere ma rimanevano sotto la sorveglianza della polizia, e per lo piú erano stati ladri: v’era ancora il gabinetto d’anatomia patologica del professor Nanula. Nel primo e secondo piano era l’ospedale delle prigioni: nel terzo piano sotto il tetto erano alquante stanze a pagamento per pochi carcerati di non grave causa e di civile condizione, e per preti: qui fummo messi noi, Musolino ed Anastasio in una stanza, io in un’altra con Saverio Bianchi che era lí anch’egli da molti mesi. Usciti dalla Vicaria, San Francesco ci parve piuttosto una casa che