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110 parte prima - capitolo xiv


soldati. Di poi fu fatta l’altra fra Napoli e Caserta per congiungere le due reggie, come sta scritto su la medaglia coniata per memoria del fatto; e fu prolungata sino a la fortezza di Capua; con un ramo che giungeva a Nola, altro quartiere di soldati. Cosí re Ferdinando non aborriva le ferrovie come il papa, ma le faceva poche e brevi unicamente per raccogliere subito le milizie e per assicurare la sua dominazione, non per utile alcuno dei popoli. Si parlò molto della ferrovia per le Puglie, ma non fu fatta mai. Alle Calabrie, agli Abruzzi, a la Sicilia non ci si pensava neppure: ed ora non le abbiamo ancora tutte, quantunque fummo i primi ad averne una.

Saverio Bianchi mi chiese di leggere l’Iliade del Monti, ed io gli mandai il libro per mezzo del custode Liguoro. Non posso dire l’impressione che fece Omero su di lui. Egli era un uomo di trent’anni, di molta immaginativa, di caldo sentire, occupato sempre di caccia e di faccende di campagna, e leggendo la prima volta Omero per lunghe ore e senza distrazione se ne innamorò che pareva un matto. Ogni tanto lo sentivo dire: «Bello, stupendo, verissimo», poi mi chiamava e diceva: «Senti, senti questo tratto»; e me lo recitava. I paragoni gli parevano bellissimi, e li imparava a mente: faceva osservazioni giudiziose ed acute, e una volta mi disse: «La morte di Ettore non è bella, Ettore muore come una volpe che quando non può fuggire al cacciatore, gira intorno ad un albero per nascondersi». Se il Bianchi sentiva tanto la bellezza d’Omero, che dovevano sentire i giovani greci quando sentivano recitare nella loro bella lingua [del]l’Iliade? Per un paio di settimane il Bianchi non sentí le angosce del carcere.

Una mattina che io le sentiva tutte quelle angosce strazianti, udii di lontano una voce di donna che cantava soavemente, e mi parve come balsamo sovra una piaga. Si trovò ad entrare il Liguoro, ed io lo domandai: «Chi è che canta cosí bene?» «È mia figlia». «E che canzone canta?» «La canzone nuova Te voglio bene assai, E tu non pienze a me.