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4 parte prima - capitolo i


viveva della sua professione parco ed onesto. Una mattina mi menò in chiesa dove era tanta gente, molti ornati di fasce tricolori, e un prete, si chiamava don Gennaro Campanile, con una fascia tricolore su la cotta faceva una gran predica. Erano tutti allegri, e avevano coccarde tricolori sul petto, e non so che gingilli d’argento: uno presentò a mio padre una coccarda, e mio padre disse: «Non ho bisogno di questa, né la voglio, e poi ora sono così ammalato». E quel signore voltosi a me: «Prendila tu», disse: ed io la presi, e me la messi, e fui carbonaro a sette anni. Mio padre non volle mai essere carbonaro, perchè diceva che fu battezzato nel 1799, ed il battesimo non si ripete.

Egli raccontava spesso i casi suoi nel 1799, e mi ricordo che nelle sere d’inverno egli stava accanto al braciere con due o tre amici che venivano a visitarlo, mia madre presso ad un tavolino cuciva, ed io vicino a lei seduto sopra una seggiolina, ed ei parlava così bene, ed io l’ascoltava guardandolo fiso. Ei diceva cosí: «Io aveva vent’anni, ed era della guardia nazionale, e una mattina feci la sentinella innanzi la camera dove erano a consiglio i capi della repubblica, e quando uscirono presentai le armi a Domenico Cirillo che uscì prima, e mi guardò, e mi sorrise, ed io ancora ricordo quel sorriso: presentai le armi a Mario Pagano e Vincenzo Russo che andavano ragionando, presentai le armi a tutti gli altri. Si avvicinava il cardinale Ruffo. Chi può descrivere i furori della plebe, e il terrore che faceva il grido di ‘viva il re’? Abitavamo a San Giovanni Maggiore, e io vidi a un tratto i lazzari assalire il palazzo del duca della Torre, trarne fuori seminudi e legati i due fratelli Filomarino, e saccheggiare il palazzo che non vi rimasero neppure i ferri dei balconi. Il mio amico Gaspare Giglio calabrese che si trovava col cardinale mandò a dirmi andassi da lui per salvarmi: io uscii; le vie erano sparse di cadaveri nudi perchè spogliati di tutto, e bianchi bianchi, ch’erano di gentiluomini. Nella via di Porto ecco un’onda di popolo che mi è sopra; sento strapparmi il codino che m’aveva messo di stoppa, e gridare: