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258 | scritti di renato serra |
momento, è proprio questa relativa indipendenza da ogni sorta di scuole e influenze e dominazioni spirituali; è questo consapevole desiderio di originalità, questa coscienza nuova e orgogliosa, di cui si scorge il riflesso nelle parole negli accenti nella franchezza perfino nella negligenza e nella fatica dei nostri scrittori, così come si sente sui volti e sulle cose brulicanti per le strade caliginose il riflesso del giorno ricco.
L’eredità del passato è leggera sulle spalle di questa generazione che ne ha fatto l’inventario e la stima. E la difficoltà maggiore per chi voglia abbozzare un ritratto d’insieme è appunto la mancanza dei caratteri consueti di scuole, di imitazioni, di somiglianze.
Tutti i movimenti d’arte o di pensiero che hanno agitato e impresso così profondamente di sè la fisonomia dell’ultimo trentennio, dal Carducci al Croce, sono oggi o spenti o scomparsi del tutto, come acqua che le sabbie si son bevuta; o limitati oramai e collocati entro termini definitivi. Perfino la influenza straniera, così potente a tratti sulla letteratura di ieri, è cessata o cambiata; pensate a quel che è stato per la nostra letteratura uno scrittore come Zola, poniamo, o come Anatole France, come Nietzsche; era più che una moda, un modello, un dominio, un suggello assoluto di stile e di spirito: coloro che ci dominavano ieri sono diventati oggi oggetto di studio o di curiosità, quando non siano tramontati addirittura dal nostro cielo; e se c’è ancora un po’ di moda per qualcuno, per un Barrès o per un Bergson o per un Claudel, quella è moderata e ragionevole: e quando diventa superstiziosa e troppo visibile, in qualche ingenuo, allora pare una stonatura.