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150 | scritti di renato serra |
Vorremo staccarne qualcuna? Vorremo accostarci a coloro, che non sono pochi, ai quali il nome è qualche cosa più che un suono o una curiosità letteraria; è tenerezza di ricordi, è fraternità di culto e di dolce malinconia. Severino.... pare un simbolo, un motto che apra le porte di un piccolo mondo solo; si sentono dolci echi e spira odore di giovinezza.
Troveremo da questa parte le memorie dell’amicizia e della pietà: innanzi alla quale, mettere in dubbio il culto, o anche cercarne solo le ragioni alla luce fredda del giorno, potrebbe sembrare profanazione. Anch’io consento nella pietà. Ma per questo appunto provo il bisogno oggi di affrontare il problema letterario nella sua aridità. Un galantuomo non deve chiedere compassione mai a nessuno, nè per sè, nè per i suoi.
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Che cosa è dunque che mi può attirare verso Severino? Voglio gettar via tutto quello che letterariamente è impuro, l’affetto per l’uomo, il bene che ho tratto dalla sua conversazione, l’esemplare di bontà e di umanità che era in lui, e il desiderio troppo naturale in me di trovarne nell’arte alcuno effetto felice. Restano alcune pagine, che io amo rileggere, versi e prosa. Lascio da parte questa, pur così culta e gentile: ma non è altro che un episodio; contributo forzato del professore alle necessità pratiche dei concorsi, e non vale per se stessa, ma piuttosto per qualche parte accessoria; per la scelta degli argomenti, che toccano spesso la poesia popolare o, quasi per contrasto, la pura bibliografia, e sopra tutto per un