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per un catalogo 83

è morto sì supera, ciò che è fluito e conchiuso; non ciò che vive. Il Croce è vivo, credo, nella persona e nel pensiero instancabile; è vivo come il fiume che corre in fondo alla pianura, e ad ogni ora del giorno e della notte l’orecchio, pur senza intendere, si fida al murmure vasto ed amico: l’acqua passa veloce verso regioni da noi non conosciute e nessuno può prevedere le fortune del corso.

Che cosa sarà domani, che cosa tenterà o scoprirà nel mondo delle idee e in quello degli uomini? Non so dire; ma so che la sua forza è sempre desta. Se il caso gli farà cadere sotto gli occhi queste pagine, io so che esse troveranno nella sua intelligenza il loro posto piccolo e tranquillo; e forse un sorriso accompagnerà la formula, che definisca limpidamente le mie cogitazioni irrequiete.

Il Carducci dicono che è morto. Ma che cosa è morto di lui? Penso che a più d’uno basterà non dico aprire quei volumi; ma riscuoter solo nella memoria l’eco di una pagina o una parola o un lampo della grande collera per mandare gloriosamonte all’inferno, nella presenza e nella pienezza di lui, tutta la mia cantafavola critica. Anch’io farò tanto, forse, domani. Oggi no; ho bisogno di seguitare, finchè non abbia veduto chiaro nel mio dubbio.

Parlavo poco fa di un esame di coscienza che incombe alla nostra generazione. A questa brutta scrivania dove son seduto, la frase suona un po’ ambiziosa. Se m’affaccio alla finestra vedo i quattro muri grigi di un vecchio cortile in cui cresce l’erba e su in alto risplende, nettamente segnato dall’orlo dei tegoli bruni, il quadrato del puro cielo di settembre. L’aria è celeste, lavata dalla