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ANTONIO BELTRAMELLI 63

dori di passione di eroismo e di magnificenza riescon sulla carta figure d’uomini e di paesi; e gli uomini son fantocci e i paesi son scenari di cartone. Egli è l’uomo di tutte le contraddizioni e di tutte le stonature. Scrive delle novelle, ma non sa novellare. I suoi racconti non hanno nè ordine nè economia nè svolgimento; le sue favole non hanno nè consistenza logica nè interesse drammatico. Sono descrizioni, o meglio pretesti a descrizioni. Quando la descrizione dei personaggi e dei luoghi è finita, anche la novella è finita. O se qualche cosa segue, è un altro quadro, un’altra descrizione; una successione di visioni staccate, come lampi che squarcino la notte e rivelino col breve splendore gli oggetti fissati in una immobile posa.

Inoltre la descrizione è poetica, cioè intesa a soddisfare i bisogni e i desideri del poeta. E come questi bisogni sono oscuri, ma generali, e in quel che rendono le qualità o i caratteri del suo lirismo, immutabili, la loro impronta sulle cose e sugli uomini è inevitabile e monotona.

Non cambia nel poeta il sentimento; non cambiano nelle sue pagine i tipi, i motivi, le formule, le parole.

Tutto esce dalla sua mente trasfigurato, ridotto a luogo comune, a commento enfatico e appassionato.

Infine, è un romantico; non meno violento che ingenuo. Dovrò io dimostrare anche una volta tutto quel che c’è nella sua arte di coreografia e di dismisura? Gli eroi, tipi convenzionali ed eterni, della bruttezza, della bellezza, della forza o della miseria; il tragico destino che li avvolge; la qualità portentosa dei loro dolori, dei delitti, delle passioni; l’eccesso dei chiaroscuri e delle